Quando il disco che più ti piace all’interno della discografia di un gruppo rock (anzi l’unico che ti piace…) è anche quello meno considerato dai fan, dalla critica e dal gruppo stesso, allora è segno che qualcosa non va.
Nel gruppo ovviamente.
A me capita, ad esempio, con i Mötley Crüe, che per decenni si sono limitati a suscitare in me uno sconfortante senso di noia, quando non vera e propria irritazione, ma che nel 1994 tirarono fuori dal cilindro una vera chicca pubblicando l’eponimo “Mötley Crüe” (…come a dire “questa è veramente la nostra musica”?).
Una petardata gonfia di brani schiacciasassi con un sound degno delle orde di Mordor. Dopo di che: noia e torpore nuovamente in generose quantità. Perché?
Probabilmente grazie alla presenza, solo in quell’episodio, di John Corabi al posto di Vince Neil, che in un sol colpo è riuscito a dare al gruppo un vero cantante, un vero chitarrista e un autore con i controcazzi.
Lasciati i Mötley Crüe ha poi continuato ad alimentare un sottobosco di collaborazioni senza mai consolidarsi realmente a livello internazionale, ma rimane una piacevole parentesi che mi ricorda ancora una volta quanto nel rock una voce tonante e una chitarra convincente possano fare la differenza fra un tuono e un peto.
Buona domenica!